Tecnologie e materiali biodegradabili per le colture marine

L’allevamento marino di crostacei come le ostriche avviene in gabbie o in contenitori (vaschette) tenute da funi e solitamente prodotte in materiali metallici o polimerici (Fig. 1). In corrispondenza dell’impianto sospeso, ovvero al di sotto delle lanterne, si collocano due piani di gabbie per l’allevamento di molluschi (ostriche) e di oloturie. Nelle gabbie superiori si pongono le ostriche e in quelle inferiori (poste sul fondo) le oloturie che sono a contatto con il fondale. Le gabbie sono all’incirca 1 m x 1 m x 50 cm di altezza comprese all’interno di una struttura che potrebbe da realizzare con tubi di plastica. La potenziale pianta dell’area complessivamente occupata dal sistema di allevamento è di tipo rettangolare con lunghezza di 25 m e larghezza 10 m.

fig. 1 – Struttura di fondo per l’allevamento degli organismi

Attualmente le gabbie ed i tubi sono realizzate in metallo o, almeno in parte, con i materiali polimerici come polietilene alta densità per i contenitori e polipropilene o poliammide 6 per le funi e le reti.

Tali materiali posseggono certamente caratteristiche di lavorabilità, meccaniche e di resistenza ambientale abbastanza buone e in ogni caso sufficienti per lo scopo a cui sono adibite, ma provengono da fonti fossili e non sono biodegradabili. Ciò significa, ovviamente, che si consuma petrolio e dopo il loro uso, anche se possono essere riciclate, possono essere applicate per usi come vasetti per vivaistica e giardinaggio, e di seguito incenerite con immissione di CO2 nell’ambiente.

L’alternativa prevista dal Progetto PLACE consiste nella sostituzione di tali materiali oil-derived con materiali plastici bio-based e biodegradabili. Si tratta di polimeri provenienti da biomasse che, dopo il loro utilizzo, vengono biodegradati con produzione di CO2, acqua e biomassa. E’ da tenere presente che la CO2 immessa non altera il bilancio della CO2 visto che chiude il loop con le biomasse che crescono assorbendo CO2. Inoltre la biomassa prodotta si comporta nel mare come il compost nei terreni, ossia come un leggero emendante. Infine, particolare non trascurabile, non c’è bisogno di eliminare l’intero impianto per lo smaltimento, visto che la biodegradazione avviene in mare.

L’unità INSTM-Unipa ha perseguito come obiettivo principale la ricerca di matrici biopolimeriche adatte alla sostituzione dei materiali attualmente impiegati per la produzione di funi, reti, gabbie e tubi per colture marine.

Sono stati analizzati diversi materiali di questa tipologia e la scelta è infine caduta su due polimeri di Novamont, entrambi costituiti da miscele di poliesteri e copoliesteri bio-based e con velocità di biodegradazione in acqua adeguata per l’applicazione proposta. Il primo è un polimero da stampaggio con il quale si è riusciti a produrre mediante stampaggio a iniezione le vaschette (Fig. 2) e con cui si possono stampare anche le pareti delle gabbie. Con il secondo polimero, idoneo al processo di filatura, sono state filate delle fibre che, con successiva lavorazione, possono essere intrecciate per ottenere le funi (Fig. 3). Infine, i tubi presenti nella struttura possono realizzarsi con lo stesso polimero usato per la produzione dei filamenti.

fig. 2 – Vaschetta in polimero biodegradabile

fig. 3 – Filamento in polimero biodegradabile (a sinistra) per la formazione di funi e reti.

Un aspetto particolarmente curato dall’unità è la verifica della velocità di biodegradazione in ambiente marino. A tal fine sono stati eseguiti test di biodegradazione preliminari di porzioni dei manufatti realizzati (vaschette e fibre) in ambiente marino simulato, ossia in soluzioni la cui salinità e pH sono simili  a quella dell’acqua marina. I risultati di tali test hanno confermato un trend di degradazione ragionevolmente lento. Nello specifico si è osservato che dopo 6 settimane i campioni analizzati non presentavano particolari differenza rispetto al loro status iniziale, sia dal punto di vista morfologico, che dal punto di vista delle loro proprietà meccaniche.  Ciò è un risultato certamente positivo perché queste ultime sono ovviamente fondamentali in quanto garantiscono l’integrità dei manufatti nei tempi caratteristici di utilizzo.

fig. 4 – Porzioni di manufatti prima (a sinistra) e dopo (a destra) l’incubazione in acqua marina simulata.

Sono inoltre tutt’ora in corso test di biodegradazione in acqua marina (Fig. 5) che serviranno a confermare i dati ottenuti in laboratorio e a validare ulteriormente i manufatti realizzati.

fig 5 – Test di biodegradazione in acqua marina